Da Merton a Terzani una cultura che dà speranza
Ci sono letture che hanno segnato la vita di tutti noi, piccoli grandi classici che aprono una breccia di speranza anche quando tutto sembra perduto e insormontabile. È così che nella mente risuona una sola parola: pace. È stata un’estate molto calda. Un caldo soffocante, appiccicoso e senza tregua è calato sulle nostre vite: Dacca, Nizza, Monaco. Mete estive trasformate in scenari di morte e distruzione che rimbalzano nella nostra testa come una bussola impazzita.
In momenti come questi, dove tutto viene messo in dubbio, persino anche la fede più ferrea tentenna, i libri offrono più risposte di quante ci aspetteremmo. È dunque possibile al giorno d’oggi condividere il sentimento pace? Identificarlo come valore?
C’è un classico che viene spesso citato nei grandi momenti di crisi internazionale. “Per la pace perpetua” di Immanuel Kant. Scritto nel 1795, il filosofo tedesco ammette che la pace tra nazioni è possibile se si basa su principi giuridici e non etici condivisi dagli Stati.
Ma prima della pace comune c’è quella interiore. Un fervido sostenitore della pace è stato da sempre Gandhi. Lo riscopriamo nello scritto “La mia passione per la pace”, ed. Feltrinelli, dove Thomas Merton ha selezionato alcuni suoi scritti. Cos’è la cultura della pace? La non violenza richiede autodisciplina e costanza. È combattere per un ideale, senza temere la morte, e aver desiderio di vendetta.
Con uno sguardo al presente, per Il mulino è uscito “Senza la guerra”. Quattro autorevoli voci provenienti dal mondo della letteratura, geopolitica, filosofia e storia, si interrogano sulla guerra. Dopo il ‘45 siamo riusciti ad evitare un conflitto mondiale. Ma quanto potrà durare? Galli della Loggia, Ray, Caracciolo e Cacciari forniscono interessanti spunti di riflessione.
Per una pace duratura, servono saldi principi giuridici ed etici. Thich Nhat Han, Monaco buddhista, poeta e scrittore, nell’ultimo viaggio “Le quattro verità dell’esistenza” invoca la necessità di un’etica rinnovata per far vivere gli uomini pacificamente.
Da ricordare anche Tiziano Terzani. Nei suoi innumerevoli viaggi, ha sempre cercato di creare un canale di comunicazione tra Oriente e Occidente. Si è battuto contro le guerre di religione, sostenendo che l’unica risposta all’odio, al razzismo e alla discriminazione è la non- violenza. Ne dà prova in “Lettere contro la guerra”, dove raccoglie lettere pubblicate sul Corriere della sera da Kabul, Dehli, Quetta, Peshawar, dalle quali scriveva come inviato di guerra.
Ma anche quando la guerra non può essere scongiurata, quando ormai è troppo tardi per parlare di dialogo, c’è stato un uomo da sempre attivo negli scenari di guerra: Gino Strada. Medico e fondatore di Emergency, ha cercato di portare soccorso in diversi Paesi come Iraq, Pakistan, Perù, Etiopia, Ruanda, ex-Jugoslavia. In “Pappagalli verdi”, dal nome delle mine antiuomo utilizzate nelle operazioni belliche, raccoglie le sue esperienze e testimonia che, anche quando tutto sembra perduto, le vie di un progetto di pace sono percorribili.
Se c’è qualcuno che crede che la pace sia affare da adulti, non ha mai letto le parole di Malala, candidata al Nobel per la pace. Nel 2012 la 15enne pakistana rischia la vita… La sua colpa è quella di voler leggere, studiare. Rimane ferita; pronuncia il celebre discorso all’Onu e scrive un libro sulla sua vita, “Io sono Malala” ed. Garzanti. Un libro sulla speranza e la voglia di un futuro per tutti, a tutti i costi. Perché il desiderio di una pacifica convivenza germoglia in fretta, ma ha bisogno di cure costanti.